Emilio è buono, è forte, è legatissimo ai genitore, ma riesce comunque ad andare avanti dopo il ricovero in una casa di cura della madre e la morte del padre, nonostante le difficoltà iniziali, nonostante una leggera sindrome di Down di cui è affetto. Qui mi viene in mete la metafora del calabrone, che da calcoli scientifici fra peso e apertura alare non potrebbe volare, ma a qualcuno piace dire (e piace tanto anche a me) che lui non lo sa, e per questo ci riesce.
Emilio fa lo stesso: la convenzione di essere guarito dalla sindrome con cui è nato, lo porta a fare quello che fanno gli altri, niente gli è precluso e tutto riesce a ottenere. Anche con le botte, ogni tanto, l'unica arma di difesa che conosce contro le prese in giro di chi si ritiene "normale".
Alessia è dura, è pungente, fino a quando non si dimostra fragile e spaventata.
Come due rette incidenti, i due s'incontrano in un unico punto in comune: il bisogno di amare e di essere amati. Se l'incontro sia stato fortuito o pilotato dalla mano dell'uomo, che non sempre riesce a discernere il bene dal male, non è dato saperlo. L'autore lascia al lettore libertà d'interpretazione. Il finale a sorpresa fa riflettere sulla mutevolezza dell'animo umano.
La scrittura è originale; è Emilio stesso a raccontarci la sua storia, e lo fa come parlerebbe lui, senza evitare le ripetizioni, che magari gli servono per fissare i concetti.
Lettura consigliata a chi vuole qualcosa che esuli dagli schemi ordinari.
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