Immaginate una cella di due metri per tre, immaginate di viverci con una luce che non si spegne mai neppure di notte, di poterne uscire solo poche ore alla settimana per andare in un cortiletto di un metro quadrato, di avere un rubinetto dell’acqua calda da cui esce acqua fredda ed uno dell’acqua fredda da cui esce ancora più fredda, di non aver alternativa al dover utilizzare quest’acqua per bere e cucinare anche se dichiaratamente cancerogena, di mangiare solo carne di soia e verdura regolarmente marcia, di non poter contare su alcuna cura medica nel caso sfortunato vi capitasse di ammalarvi; immaginate di veder andare a morte i vostri compagni di detenzione uno dopo l’altro per anni e anni e di avere a meno di cinquanta metri dalla vostra “casa” il luogo dove vengono giustiziati. E, se ci riuscite, immaginate di sapere che quella stessa sorte toccherà a voi in un giorno che non si sa quale potrà essere, vicino o lontano, mentre cercate di riempire le vostre giornate con cose il più possibile “normali” – come vedere dei vecchi film in una televisione da 11 pollici o sfogliare riviste già opportunamente vagliate dalla censura carceraria – e possibilmente utili a voi stessi e agli altri. Bene, per quanti sforzi possiate fare, credo sia quasi impossibile immedesimarsi negli innumerevoli anni trascorsi da William (“Bill”) Van Poyck nel braccio della morte, consapevole di quella che sarà la sua fine e consapevole pure che sarà una fine ingiusta: non solo perché non ha commesso il reato di cui lo si accusa ma perché la pena di morte lo è. “Omicidio legale”, è l’ossimoro che viene indicato nel certificato di decesso. Nelle oltre 250 lettere spedite alla sorella Lisa fra il 2005 e il 2013 (si tratta quindi di un epistolario che fa da diario delle lunghe giornate trascorse nel braccio della morte) Bill usa raramente il termine “giustiziato” riferendosi ai suoi compagni di detenzione ma piuttosto ammazzato o ucciso. Questo libro è il grido di dolore di un uomo ma è anche un j’accuse gridato al mondo e a quell’America che imperativamente e superbamente si autoproclama leader del mondo democratico e civilizzato. Raramente ho impiegato così tanto a leggere un libro...la lentezza delle giornate tutte uguali, la certezza di quello che ci sarà alla fine sono riversate nelle 464 pagine di cui si compone: la giusta lunghezza per non cedere alla tentazione di un facile oblio. Doloroso e necessario, questo libro imprime un solco profondo nella coscienza di ognuno. E dopo averlo letto non si può più essere gli stessi di prima.
Ho terminato pochi minuti fa di leggere questo libro, dall'epilogo già conosciuto eppure non meno sconvolgente. Sono pochi i libri che mi strappano lacrime e questo ci è riuscito. Vorrei ringraziare il protagonista, per quello che mi ha insegnato con queste lettere, per avermi levato ogni dubbio, e l'autore (o meglio, "traduttore") Piana per avermelo fatto conoscere. La pena di morte è tema che molti definiscono complesso ma non lo è in senso razionale. L'aspetto razionale è semplicissimo, come diceva Beccaria, la pena di morte è “una guerra della nazione contro un cittadino”, è inaccettabile perché il bene della vita è indisponibile, quindi sottratto alla volontà del singolo e dello Stato. Non è applicabile, non è gestibile, non è una soluzione. Fine. La complessità è tutta irrazionale. Ha a che fare con la rabbia, con la ricerca della vendetta, con la pancia del popolo e dell'uso che di questa pancia fanno i politici per raggiungere popolarità e plauso. Questo è il motivo per cui tutti dovrebbero leggere questo libro. Per zittire la pancia una volta per tutte e accendere il cervello, finalmente.
Che dire, una storia triste e soprattutto ingiusta. Questo libro, la raccolta e traduzione delle lettere scritte da William Van Poyck alla sorella durante la sua condanna nel braccio della morte, è la netta conferma di come il sistema "pena di morte" è pieno di falle e per nulla funzionale con un'applicazione arbitraria della legge e un'inumana gestione dei penitenziari. Con l'assottigliarsi delle pagine ho provato un senso di angoscia realizzando che la fine del libro sarebbe coincisa con la fine di William e allo stesso tempo una strana e morbosa curiosità nel vedere come un essere umano possa approcciarsi al termine programmato della sua esistenza. Non nego che nelle ultime pagine ho avuto quealche difficoltà nella lettura per via degli occhi lucidi. Will non era un santo e ha fatto molti errori, anche gravi, come lui stesso ammette più volte, ma non meritava assolutamente quello che è successo. Per quanto riguarda l'autore del libro, impeccabile. Parola dopo parola ho avuto sempre l'impressione di leggere William e non Alessandro, anche nelle parti apocrife utili a rendere il tutto più completo e capibile. Libro consigliatissimo.
“Diario di un condannato a morte” non è semplicemente la traduzione delle lettere di William Van Poyck inviate dal braccio della morte alla sorella Lisa. Il libro di Alessandro Piana rappresenta un attento lavoro di ricerca, selezione e adattamento finalizzato a mostrare, con una storia emblematica, i meccanismi e le “logiche” del sistema giudiziario e penitenziario americano. Il caso di William Van Poyck, condannato ingiustamente per omicidio, mette in luce le contraddizioni interne a questo sistema e i giochi di potere sottesi. Le lettere di questo “condannato a morte” sono una testimonianza del modo in cui si svolge la vita all’interno delle carceri, ma, soprattutto, dell’esperienza interiore di chi sa che quella vita, per quanto amara, è destinata a concludersi con un’iniezione letale o sulla sedia elettrica. Come una moderna spada di Damocle, dove il potere tanto invidiato non appartiene però a chi si trova sotto la spada, ma a chi ne regge il filo invisibile, pronto a tagliarlo a seconda delle convenienze, così la sentenza di morte pende su William e su chi, come lui, attende il compimento del proprio destino nella sempre accesa speranza che la pena si commuti in ergastolo in base ai cambiamenti della scena politica. Così trascorrono i giorni di William in carcere, tra periodi di sconforto, percorsi di profonda riflessione e, non da ultimi, momenti di speranza e di gioia per ogni piccola cosa bella che la vita può donare.
William ha sbagliato tanto, nella vita. Amicizie, scelte. Avvocati. Tutto l'ha condotto qui, in questo istante che non scorre, e che dura anni. Il braccio della morte è così. Tutti i giorni sono uguali tranne uno, quello dell'ora d'aria. E William non può fare altro che pensare, documentarsi e leggere. Lui guarda il mondo nel modo critico che solo chi non ne fa parte può vedere. Vi legge la crudeltà di chi non lo conosce eppure lo vuole morto. L'opportunismo dei politici, che strumentalizzano la morte per ottenere consensi e tornare in auge a forza di panem et circenses. Il valore della Vita nelle mani di una Società intenta a far vedere al mondo di essere il migliore esempio di civiltà, mentre tra i propri confini uccide in modo metodico e premeditato i suoi cittadini. "Diario di un condannato a morte" apre uno squarcio inedito su questo mondo distorto eppure reale che sono le carcerari americane, visto con gli occhi di chi in quel mondo è destinato a morire, perché “c’è una enorme differenza tra il contemplare la tua morte in astratto e invece considerarla quando è un’assoluta, innegabile, verità, ovvero quando stai contando il numero di giorni che ti rimangono sulla Terra”. Consigliatissimo!
I miei complimenti ad Alessandro per aver avuto l’idea così originale e profonda di narrare la vita all’interno di due carceri americane, attraverso le lettere di un detenuto condannato alla pena capitale.
Bella l’idea di proporre le lettere di Van Poyck, che per stile e contenuto rende il libro molto interessante.
I temi trattati sono attuali in molte parti del mondo. Fortunatamente l’Italia non deve vivere il dibattito abolizionista, ma sono certo che la lettura di questo libro aiuti a perorare la causa di qualsiasi movimento abolizionista nel mondo.
Storia davvero molto interessante. Apre gli occhi sul tanto criticato sistema giudiziario americano e offre molti spunti di riflessione. È inoltre molto coinvolgente e toccante, diventa facile dopo un attimo immedesimarsi nel personaggio e calarsi nelle situazioni che racconta. Anche la stesura del testo è scorrevole e piacevole da leggere. Libro consigliatissimo!
Un libro incredibile per l'umanità che ne traspare. Le lettere di William mi hanno coinvolto fin dalle prime pagine. Il libro presenta un quadro molto interessante di come la pena di morte in America sia piena di contraddizioni, mettendone a nudo l'irrazionalità di molte procedure e leggi a riguardo. Consigliatissimo!
La storia di William ti coinvolge fin dall'inizio. Le lettere di William sono scritte per la sorella, ma è come se il lettore fosse il vero destinatario. Questo rende la lettura di questo libro un'esperienza indimenticabile.
Un libro intenso su un argomento delicato come la pena di morte. Il punto di vista del detenuto riportata dall’autore merita sicuramente di essere ascoltato.
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