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![L'arte occidentale della guerra: Descrizione di una battaglia nella Grecia classica di [Victor Davis Hanson, John Keegan, Davide Panzieri]](https://m.media-amazon.com/images/W/IMAGERENDERING_521856-T1/images/I/51S72avGKvL._SY346_.jpg)
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L'arte occidentale della guerra: Descrizione di una battaglia nella Grecia classica Formato Kindle
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La battaglia campale non era infatti una pratica comune, nelle guerre antiche, spesso più simili a una guerriglia episodica e selvaggia. Proprio per evitare gli assalti e la devastazione di campi e vigneti, i Greci costruirono una diversa idea di guerra, che si legava a doppio filo con l’essenza stessa della libertà e della democrazia: ogni uomo libero era disposto a correre il rischio di morire in poche ore nel cozzo brutale di lance e scudi, anziché lasciare le proprie terre e i propri cari in ostaggio delle sortite, delle razzie e degli incendi.
È impossibile, allora, ragionare di questa idea di guerra senza calarsi nei panni del soldato semplice, dell’oplite schierato nella falange sul far della battaglia. Hanson non si limita infatti ad analizzare la struttura sociale delle città-stato, a ricostruire le tattiche o descrivere nel dettaglio le pesanti armi e gli equipaggiamenti. Riesce invece a disciogliere la storia nel racconto, facendoci rivivere in prima persona quel momento: respiriamo l’eccitazione e la paura, la solidarietà tra compagni di linea e la ferocia del corpo a corpo, ma anche i suoni, gli odori, la fatica… Tutta la dimensione umana dello scontro, tutto il peso di quell’ethos e di quel sacrificio.
L’arte occidentale della guerra sopravviverà ai Greci e ad Alessandro Magno, perseguitando come un mito e un fantasma tutta la storia militare occidentale, dalle crociate a Napoleone, dal secondo conflitto mondiale fino alla disfatta americana del Vietnam, quando una nuova e diversa guerriglia segnerà la crisi e forse la fine di quel modello, l’illusione di una guerra nobile, di una vittoria pulita e priva di vergogna.
«Un piccolo capolavoro di sapienza e stile.» ― The Economist
«Un libro travolgente.» ― Christopher Hitchens
«La Guerra di tipo occidentale, che i greci concepivano come una prova del fuoco, ha portato i loro discendenti nell’abisso dell’olocausto. La meditazione brillante e commovente di Victor Davis Hanson può contribuire, speriamo, ad allontanarci da quella voragine.» ― John Keegan
- LinguaItaliano
- EditoreUTET
- Data di pubblicazione27 giugno 2017
- Dimensioni file931 KB
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Dettagli prodotto
- ASIN : B072QWHPFD
- Editore : UTET (27 giugno 2017)
- Lingua : Italiano
- Dimensioni file : 931 KB
- Da testo a voce : Abilitato
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Schierata volontariamente in campo aperto, era per gli avversari una temibile quanto inarrestabile forza con la quale si avrebbero avute poche speranze di vittoria.
Lo sterminato impero persiano, tra il 490 con Dario e il 480 con Serse, pagò a caro prezzo la spregiudicatezza e la convinzione che un elevato numero di uomini, seppur male addestrato e privo di efficaci strumenti da combattimento, avrebbe fatto la differenza rispetto al tatticismo degli strateghi greci e al coraggio manifestato dai soldati sotto il loro comando.
Il risultato fu la totale disfatta presso Salamina e Platea che costrinse l’impero più vasto allora conosciuto a far ritorno nei propri domini dando il definitivo addio ai sogni di conquista egei.
Il coraggio dell’oplite, la determinazione, lo spirito di sopravvivenza e libertà unito allo schieramento compatto della falange, dettero da quel momento al mondo greco non solo l’autonomia ma anche le chiavi per il dominio pressoché totale dell’Egeo.
Ma cosa si nasconde dietro l’organizzazione della falange? Come si comportava durante un attacco? Da chi era composta? Che cosa faceva l’oplite quando non era impegnato in una guerra?
Le risposte le troviamo perfettamente esaminate nel brillante libro di V.D. Hanson, studioso e agricoltore, il quale esamina con spiccato approfondimento storico la realtà celata all’interno di un corpo definibile “pseudo militare” tanto elogiato dalla letteratura greca antica quanto in quella moderna con film e romanzi di ogni sorta.
Osservando attentamente le fonti con i dati storico – archeologici, l’autore quasi rigetta l’idea epica di una falange apparentemente costituita da soli eroi pronti a dare la vita per difendere quegli ideali impartiti dalla città d’appartenenza, in virtù di una realtà assai meno nobile, più articolata e senza dubbio più “umana”.
Al di là dell’eccezione spartana, vera e propria elite votata al combattimento e quindi definibile prettamente militare, le altre città della Grecia, Atene compresa, non possedevano un vero e proprio esercito ma ogni cittadino, indipendentemente dalla condizione sociale e fisica, quando gli veniva richiesto doveva dare il proprio contributo in battaglia per la salvaguardia della comunità minacciata dall’onta nemica.
L’oplite era dunque il contadino, l’artigiano, il fabbro, il mercante, il nobile che trascorreva le giornate sbrigando le proprie pratiche ma tenendo all’interno della sua dimora, in bella vista, l’armamentario che avrebbe dovuto utilizzare durante i periodi di guerra.
Alla chiamata, ognuno avrebbe dovuto prendere l’intera panoplia composta da elmo, scudo, corazza, gambali, lancia e spada corta per unirsi agli altri concittadini e prepararsi ad una morte quasi certa.
Hanson, man mano che si addentra nel funzionamento della tattica oplitica strutturata per schieramento, avanzata, attacco, combattimento corpo a corpo, pressione e rotta, traccia un quadro psicologico che lascia al lettore la consapevolezza di uno scontro violento e non privo di traumi e danni collaterali.
Tutti i fattori comportamentali ivi descritti, ossia l’uso dell’alcol negli attimi precedenti la battaglia, il naturale senso di angoscia che spesso portava gli uomini ad orinare o defecare sul posto, la strenua resistenza col fine di non rompere lo schieramento, la difficile comunicazione o comprensione degli ordini per via dell’elmo ingombrante, la vista orribile di corpi mutilati o gravemente feriti, i “caduti” sorretti “in verticale” dalla calca dei due schieramenti, i molteplici rumori, la polvere, le grida di battaglia o dolore e, infine, il silenzio che sanciva l’epilogo, hanno lo scopo non solo di chiarire la brutalità dello scontro frontale, ma di far comprendere che all’interno di quella corazza, vi erano più che eroi, soldati “improvvisati” che lasciando la propria dimora, i propri campi o i loro sogni, sviluppavano una mistura emotiva indescrivibile e difficile da gestire.
Dacché non vi era gloria nella fuga, oltremodo pericolosa, ogni oplite al momento del corpo al corpo intraprendeva una personale guerra in cui ogni istante appariva confuso, annebbiato, disperso e traumatico.
Senza rendersi conto della vittoria o sconfitta, senza avere percezione dell’avanzata o della ritirata, una volta spezzata la lancia e perso lo scudo, l’euforia e la casualità dei colpi divenivano l’ultima ancora di salvezza, e senza più punti di riferimento, egli si trascinava spaesato lungo corpi morenti in balia del calpestio della massa o del colpo di grazia finale.
Il libro di Hanson è un capolavoro d’intensa emotività in quanto, lasciando per un attimo lo stereotipo così eroicamente tramandatoci dalla letteratura classica, restituisce all’oplite la semplice immagine di un essere umanamente preoccupato dell’amara sorte cui sembra inevitabilmente destinato.
Un’idea di morte che lo atterrisce non meno delle modalità con cui essa può sopraggiungere, trafitto da una lancia, calpestato dai propri compagni o nemici, colpito durante un’avanzata o una fuga, privato di un arto o ferito orribilmente all’inguine.
Un modo per ricordare a tutti noi che la guerra è una realtà orrida per chi la vive, tendente a divenire mito nel ricordo dell’audacia o dell’estremo coraggio di un singolo o più, limpido esempio Leonida e i 300 spartani delle Termopili, ma che purtroppo il più delle volte tace sulle tragiche sensazioni, privazioni, angosce e conseguenze vissute dai loro protagonisti.
Queste tutte le sezioni presenti nel libro.
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